LA SCUOLA SLAVA

Kresimir Cosic, la rivoluzione europea

 

Abbandoniamo momentaneamente la culla del basket, gli USA, la NBA, e in questa puntata cominciamo a dedicare le nostre Memories alla pallacanestro europea. In particolare, all’affascinante e spettacolare scuola slava, che da oltre mezzo secolo, prima e dopo la disgregazione della Jugoslavia, costituisce non solo una fucina di campioni leggendari, ma un movimento a se’ stante, una filosofia di gioco unica, una straordinaria via alternativa allo sport con la palla a spicchi.

Sul campo, in panchina, a livello dirigenziale, sono decine i talenti visionari e spesso eccentrici, che dalla Croazia, dalla Serbia, dalla Slovenia, hanno inciso profondamente sul basket europeo e mondiale, dalla fine degli anni ’60 ad oggi. A loro periodicamente dedicheremo il giusto tributo in questa rubrica, e oggi vogliamo cominciare con lui, l’inventore della pallacanestro moderna in Europa, il lungo che giocava come una guardia, colui che ha cambiato le regole e l’approccio sul parquet al di qua dell’Atlantico, ma anche in America:

Kresimir Cosic.

 

Nelle puntate precedenti di Memories abbiamo pescato, tra centinaia di giocatori eccezionali della NBA, campioni come West, o Magic, non tanto o non solo per la loro grandezza, ma per l’aspetto rivoluzionario del loro gioco, il loro impatto stravolgente che ha trasformato e portato il basket a un livello superiore.

Per Cosic, nella pallacanestro europea, vale lo stesso discorso, e il parallelismo con Jabbar, per fisico, ruolo, leadership e capacità di reinventare l’interpretazione del pivot, in anticipo di 30 anni sul resto del mondo, è evidente e voluto.

“Kreso” nasce in Croazia, a Zagabria nel 1948, in una Jugoslavia appena nata, dopo la seconda guerra mondiale, e che, pur appartenendo al blocco sovietico, sarà uno degli stati definiti “non allineati” a Mosca. Non vogliamo annoiare, né addentrarci in temi storico-politici, ma il contesto è sempre importante, e la pallacanestro jugoslava e i suoi protagonisti sono una miscela perfetta di attitudini diverse e il paradigma sportivo dell’ambiente etnico e culturale in cui nascono: grande organizzazione di derivazione austroungarica, con baricentro in Slovenia, estro, uscita dagli schemi preordinati, gusto artistico per la sfida, più tipici delle repubbliche del centro sud.

Trasferitosi presto a Zara, fino a pochi anni prima territorio italiano, il piccolo, piccolo si fa per dire…, Kresimir ha ben poco dell’atleta predestinato. E’ lungo, molto lungo, ma magro all’eccesso, un giunco, una sorta di brutto anatroccolo deriso dai compagni di scuola con appellativi poco simpatici, come “Auschwitz”. Ma gli dei del basket non badano alle apparenze e dentro a quel corpo dinoccolato e nelle sue mani hanno già infuso l’eleganza di un cigno e il destino di un re.

A Zara infatti la pallacanestro è una cosa sacra, una sorta di religione pagana di cui i coach sono sacerdoti assoluti e dotati di intuito e fortuna. Tra questi, Enzo Sovitti, l’allenatore che recluta Cosic, secondo il banale binomio altezza-basket, ma che subito si accorge di avere un prodigio in squadra.

La crescita di Kresimir è fulminea ed esponenziale: qualche muscolo in più, ma soprattutto l’esplosione di un talento mai visto e che esce da ogni schema. Per la prima volta in Europa, mentre oltreoceano poco prima è emerso un analogo fenomeno appunto come Jabbar, un centro sa e può palleggiare, passare, controllare la palla come un play, tirare morbidissimo, anche in sospensione e dalla media e lunga distanza, come una guardia, mantenendo i movimenti spalle a canestro, il gancio, i rimbalzi, le schiacciate di un lungo. E’ un piccolo di 209 centimetri, un crac.

Cosic debutta a 15 anni nel massimo campionato jugoslavo ed è titolare in quintetto quando con Zara vince i primi due campionati a 17 e a 19 anni e anche l’America si accorge presto di lui. Iscritto nel 1971 alla Brigham Young University, nello Utah, si impone subito per carisma, tecnica e successi, divenendo mito della squadra dei Cougars e di tutto il college a forte matrice religiosa, che porta lo stesso Cosic ad abbracciare il credo mormone. Il mondo della NBA mette gli occhi sul giovanissimo campione slavo, già nel 1972 lo scelgono i Portland Trail Blazers e l’anno successivo sono addirittura i Lakers a scrivere il suo nome nel draft. La sua storia sembrerebbe segnata e chissà cosa sarebbe successo con Cosic nella stessa squadra insieme a West e al suo “gemello” cestistico Jabbar.

Ma Kreso, l’abbiamo detto, è un personaggio rivoluzionario, destinato a cambiare il mondo del basket. E allora, fa la scelta più atipica: se ne frega delle chiamate PRO, torna a casa e continua a macinare titoli col suo Zara e incantare le platee nazionali e continentali.

Con lui pivot, infatti, la Jugoslavia, già fortissima, giovane ed esuberante, diventa una potenza vincente, inanellando titoli europei e mondiali. E quando l’avvocato Porelli, presidente della Virtus, lo porta a Bologna, a fine anni ’70 per arginare lo strapotere varesino di Meneghin, per quanto Kreso non sia più esplosivo come agli esordi e la dieta vegana cui ha cominciato ad attenersi forse non sia la più consona a un atleta di quelle dimensioni, il risultato è identico. Scoppia la mania, è un giocatore fuori categoria, in anticipo di decenni sul basket di allora. Due anni, due scudetti e solo applausi.

Poi, di nuovo il richiamo di casa… Kresimir torna in Croazia, stavolta al Cibona, la squadra emergente e che poco dopo il suo ritiro, come fosse un ideale passaggio di testimone tra mostri sacri, ingaggerà Drazen Petrovic.

A Zagabria vince ancora un titolo e una Coppa delle Coppe, prima di ritirarsi nel 1983 e passare prima, con alterne fortune, alla carriera da coach, poi a quella da diplomatico croato a Washington.

Purtroppo Kreso lascia tutti, in silenzio, come i più grandi, nel 1995, stroncato da una forma incurabile di leucemia. Il ricordo pubblico più bello e più vero di Cosic è quello che rilascia alla sua scomparsa l’avvocato Porelli:

“Il più grande giocatore che io abbia avuto. Un talento straordinario. E soprattutto un grande uomo. Un personaggio fuori dal normale, nel senso buono”.

Ma sono centinaia le prove che ne determinano l’impatto sportivo e umano, e meglio ancora la sua unicità. Come ad esempio, la sua bacheca, i suoi successi, i suoi primati, che di seguito arrotondiamo per ragioni di sintesi:

6 massimi Campionati di basket in Jugoslavia, 3 Coppe di Jugoslavia:, 3 Scudetti in Italia, 1 Coppa delle Coppe, con i club; 1 oro e 2 argenti alle Olimpiadi, 2 ori, 2 argenti e 1 bronzo ai Mondiali, 3 ori, 3 argenti e 2 bronzi agli Europei, 1 oro ai Giochi del Mediterraneo, con la Nazionale; inserito nella Hall of Fame; la sua maglia numero 11 viene ritirata dai Cougars, la sua squadra di college, unico europeo ad avere tale onore; primo giocatore europeo a cimentarsi, e con successo, nel basket NCAA, primo giocatore europeo con doppio draft NBA, intitolazione della Coppa di Croazia e del Palasport di Zara, ecc., ecc… .

 

E insieme all’interminabile lista di meriti e onorificenze, questo breve filmato con cui vi salutiamo, una “chicca”, specie per i più giovani, che non hanno visto o vissuto un basket spesso quasi semplice, “vintage”, in bianco e nero, ma di cui bastano pochi fotogrammi logori per accorgersi che su quei parquet si muoveva un fenomeno.

Un brutto anatroccolo divenuto cigno elegante.

Un rivoluzionario di nome Kreso.

 

https://www.youtube.com/watch?v=f2k40KmUYE0

 

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